26 ottobre 2009

Petit-déjeuner a suon di sputi.

L’altra mattina ho fatto colazione in un bar vicino all’ospedale di Parma. Mentre gustavo il mio cornetto alla crema e sorseggiavo il mio cappuccino tiepido (lo chiedo sempre così, perché le bevande calde, o almeno calde secondo il senso comune, per me sono troppo calde), due baristi e un pizzaiolo (che poi mi sono detta: “ma guarda questo bar che c’ha anche il pizzaiolo che lavora di mattina...insolito...”) sembravano rapiti da un’accesa conversazione con due loro clienti abituali (abituali è una mia illazione, ma via...la confidenza dei toni tra gli interlocutori non lasciava molti dubbi).
I cinque discutevano di un conoscente comune, un dottore, che loro avevano visto sputare per terra. Descritto l’antefatto, hanno continuato dissertando sugli sputi e il vivere civile. “No, ma ti pare che uno...dico, quello era uno sputo verde. Che ne so, capirei al limite uno sputo solo di saliva...E poi di fronte a tutti...”
Io ho finito di degustare cornetto e cappuccino e loro stavano ancora parlando di sputi.
A me, cui viene da vomitare con estrema facilità, questa volta è venuto da ridere per la soddisfazione. Del resto è stata la mia prima esperienza di una colazione a suon di sputi.
Penso che faccia molto “saloon”.

Esorcismo col riso

Ho scoperto Velimir Chlebnikov dal blog di Paolo Nori. Lui l’ha studiato molto e lo considera molto di più. E ciò a me quasi basterebbe come motivazione ad approfondire.
Velimir Chlebnikov e’ un poeta del futurismo russo.
Io ho iniziato a leggere alcune sue poesie, le prime che ho trovato.
Due di esse mi hanno confermato che avevo fatto bene a fidarmi di Paolo Nori...riguardo al molto di più.
Questa è una (il titolo non lo so):

La legge delle altalene prescrive
Che si abbiano scarpe ora larghe, ora strette.
Che sia ora notte, ora giorno.
E che signori della terra siano ora il rinoceronte, ora l’uomo.

Questa è l’altra, intitolata “Esorcismo col riso”:

Oh, mettetevi a ridere, ridoni!
Oh, sorridete ridoni!
Che ridono di risa,
Che ridacchiano ridevoli,
Oh, sorridete ridellescamente!
Oh, dell’irriditrici surrisorie
- il riso di riduli ridoni.
Oh, rideggia, ridicolo
Riso di ridanciani surridevoli!
Risibile, risibile!
Ridifica, deridi, riduncoli, riduncoli,
Ridaccoli, ridaccoli!
Oh, mettetevi a ridere, ridoni!
Oh, sorridete, ridoni!

Se la leggo ad alta voce, alla fine mi viene da ridere. Anche se la leggo tra me e me.
Quindi ho deciso che l’appenderò in camera per rileggerla quando sarò triste. Tante e tante volte, finché non mi verrà da ridere.

23 ottobre 2009

Uno strano sogno

Qualche anno fa mi ammalai con una strana forma influenzale che mi fece venire l’artrite. Rimasi a casa per molti giorni e passai pure una settimana all’ospedale. Poi improvvisamente guarii, come si guarisce dall’influenza.
Mi ricordo che durante la malattia una notte feci uno strano sogno.
Stavo parlando con una persona che conoscevo allora e che, a dire il vero, conosco anche ora. Qualcuno che non ho mai frequentato veramente, ma che è un po’ come se l’avessi fatto.
Nel sogno eravamo sospesi nel buio, simili a due figure disegnate in un fumetto con lo sfondo tutto nero.
A volte nei sogni si fanno delle riflessioni, come se si stesse guardando un film. Io pensai che non c’entrava nulla che stessi sognando quella persona in quel momento.
All’improvviso la figurina del fumetto si staccò dallo sfondo nero con uno scatto repentino, venne verso di me e mi baciò con appassionata naturalezza. Poi si allontanò indietreggiando di qualche passo e rimase in silenzio, sempre sullo sfondo nero. Che comunque nei sogni mica si sentono le parole.
Ricordo ancora i suoi occhi spalancati che mi fissavano. Più grandi del silenzio.
Poi di colpo mi svegliai, sentendomi stralunata per via di quello strano sogno, che non c’entrava niente.
Quando ci ripenso, ancora mi domando cosa avrà voluto dire.
Non l’ho mai raccontato a nessuno.

22 ottobre 2009

Il prosciutto dolce di Parma

Oggi durante la mia pausa pranzo sono andata in un bar dove non vado mai e ho scoperto con rammarico che nel mio panino c’era prosciutto dolce di Parma. Ogni volta che lo mangio, il prosciutto dolce di Parma, penso che gli esseri umani, se non fossero stati condizionati da sovrastrutture culturali, praticherebbero tranquillamente il cannibalismo. Altrimenti non si spiegherebbe come possano gustare il prosciutto dolce di Parma.
A me invece manca da morire il prosciutto nostrano che mangiavo quando vivevo in Umbria. Mi manca persino piu’ di quello che si trova dalle mie parti, nelle Marche.
Il prosciutto nostrano e' uno di quei cibi che mi vanno sempre, anche quando sono piena. Un po' come la torta di mele e il gelato.

21 ottobre 2009

UNA BICICLETTA SENZA SELLA

L’altra sera sono uscita dal lavoro che erano quasi le otto. L’autobus era pieno di studenti erasmus e non ho trovato posto per sedere. A quel punto ho iniziato il rosario di imprecazioni silenziose che di solito avvio quando, se non avessi abbastanza autocontrollo, picchierei il primo che mi capitasse a tiro. Che poi, mi sa che dipende da me il voler menare la gente e non da quello che fanno loro. Be’, comunque, tornando all’autobus (o dovrei dire “sull’autobus”?), quasi all’inizio del rosario, una ragazza mi ha sorriso amabilmente e mi ha chiesto, in un italiano impreziosito da un accento francese: “Signora, vuole sedere?”. Io, colta un po’ di sorpresa, ho rifiutato ringraziandola. In realta’ avrei voluto dire di sì. E allora mi sono sentita come quelle anziane che non accettano l’offerta di un posto a sedere e te lo comunicano vagamente innervosite, quasi vogliano urlarti: “Signorina, vecchia sarà lei!!!”
Nonostante tutto, la ragazza francese ha continuato a sorridermi (magari era contenta di non essersi dovuta alzare). Poi, prima di scendere dall’autobus, si è avvicinata e mi ha chiesto un consiglio. Avevano appena rubato la sella della sua bici e voleva sapere dove avrebbe potuto trovarne un’altra per sostituire quella scomparsa. Le ho detto che non avevo idea, ma che forse sarebbe stato più semplice comprare una bici usata gia’ munita di sella.
Sono tornata a casa pensando che la mancanza di una sella puo’ rendere inutilizzabile una bicicletta. Concetto meno ovvio di quanto non possa sembrare.

2 ottobre 2009

Vomitare di meno, litigare di piu'

L’altra sera ero alla fermata dell’autobus e mi veniva da vomitare, quando ho notato due ragazze completamente assorbite da una lite di coppia. Una era furiosa per qualcosa che aveva fatto l’altra; l’altra difendeva energicamente la propria posizione. Non e’ che gridassero, ma le loro voci si alternavano sonoramente e in modo concitato. Siamo salite sullo stesso autobus. Loro hanno continuato a litigare. Poi sono scese alla fermata prima della mia.
Dopo circa mezz’ora ho ripreso l’autobus per andare a casa. E ho visto risalire le ragazze alla fermata successiva. Ora sembravano tranquille. Parlavano tra loro con naturalezza, quasi conversando. La lite mi pareva superata.
A me viene spesso da vomitare e a volte vomito, ma non litigo mai. Discuto, certo, ma una sana litigata non la faccio da secoli.
L’altra sera, tornando a casa, ho trovato improvvisamente lampante quanto sia necessario per me imparare a litigare.
Poi mi sono accorta che lo stimolo del vomito non ce l'avevo piu'.